INCREDULITA' E RIFIUTO

Qualunque persona non è mai pronta ad una perdita anche se preannunciata, tantomeno una notizia traumatica come la diagnosi di una patologia “drammatica” può lasciare indifferenti. Spesso si pensa “perchè a me (o a lei/lui)?” o “forse si sbagliano”; di fatto c'è una sorta di incredulità e allo stesso tempo di rifiuto “no, non può essere vero!”, “ non è possibile!”, in alcuni casi si sente dire “non capiscono niente!”. Il rifiuto può manifestarsi anche attraverso comportamenti particolari, come fuggire dal problema attivando atteggiamenti di “apparente normalità”, si svolge la stessa vita o addirittura una vita più attiva, più frenetica come se niente di particolare stia accadendo o sia successo... “si fa finta di nulla”. (Nei casi più estremi.. ad es. si prepara ancora la tavola per una persona scomparsa... oppure si fanno progetti specifici e a lungo termine per quanto riguarda i propri cari con patologia degenerativa progressiva ed invalidante o ancora si svolge la stessa vita, si prendono gli stessi impegni, si hanno le stesse abitudini nonostante le differenze sostanziali ed evidenti riguardanti la salute). Una vera e propria difesa da un devastante sconvolgimento psichico!

L'incredulità allo stesso modo può presentarsi inizialmente quanto successivamente (spesso non ci si rende conto di una perdita tanto che sembra di vedere quella persona tra la gente o la si aspetta a casa ad una certa ora... in varie occasioni e per pochi attimi non “si crede” che quella persona non ci sia più! Una normale e provvisoria distorsione cognitivo-percettiva della realtà non ancora elaborata.

RABBIA

La rabbia è un altro sentimento che sovente (anche se non sempre) si presenta in caso di lutto e pseudo-lutto. Si può provare rabbia nei confronti di una persona che è scomparsa, nonostante la razionalità ci faccia sapere che non è colpa sua, proviamo questa emozione, in particolar modo quando la scomparsa avviene in giovane età o quando si erano creati progetti ormai non più attuabili, nell'ultimo caso la frase che spesso si sente è “Me l'aveva promesso, perchè l'ha fatto?” Si può esser arrabbiati per il modo in cui la persona è “andata via” o ancora perchè vi può sembrare che gli altri non riescono a capire il vostro dolore, e che nonostante questo continuano la loro vita tranquillamente, come se il proprio lutto fosse “universale”. La rabbia si presenta soprattutto quando si riceve una determinata diagnosi riguardante una persona cara. Quante volte si sentono frasi tipo “Perchè a lui che è una persona così buona? Con tutti i delinquenti che ci sono in giro...” , sentimento amplificato se c'è una recidiva o se sono state affrontate nel corso della vita più situazioni traumatiche sia concernenti la salute sia per quanto riguarda vicende appartenenti ad altre sfere personali (ad es. lavorative, relazionali etc.); le classiche frasi che accompagnano queste persone solitamente sono“ Perchè tutto a me? Cosa ho fatto di male per meritare tutto questo? Non bastava....?”.

Nel caso di un divorzio o di una relazione, questa emozione può subentrare perchè non era prevista la decisione del coniuge (avvenuta, secondo il parere dell'altro, improvvisamente) o comunque non ci si aspettava il “coraggio” decisionale dello stesso nonostante si era a conoscenza di una situazione piuttosto precaria. In questo caso può succedere che la rabbia persista anche a causa dell'evoluzione che questa avrà (situazione economica, affidamento dei figli etc.).

SENSO DI COLPA

Un litigio precedente ad un decesso, la considerazione di aver gestito la situazione in modo superficiale (spesso causata dalla difesa psichica di rifiuto), ritenersi responsabili della morte di un soggetto (ad.es. essere stato alla guida del mezzo che ha subito/causato un incidente). Aver preso decisioni importanti in fasi particolarmente critiche (quali autorizzare un' intervento chirurgico piuttosto che un ricovero o ancor più acconsentire allo spegnimento di apparecchiature vitali) ... nonostante tali posizioni siano prese con una certa consapevolezza e sicuramente in totale buona fede avendo come fine il benessere della persona cara ...possono creare un senso di colpa!

I “se avessi detto” “se avessi fatto” e anche i “se non avessi detto e/o fatto” (rimpianti e rimorsi) rimbombano costantemente nel soggetto che si sente in difetto sia per quanto riguarda una relazione terminata, sia dopo un decesso, sia dopo la perdita di un obiettivo personale ritenuto importante o addirittura essenziale. Addirittura ci si fa una colpa anche per non essere stato un buon credente praticante, sembra quasi che la propria esistenza sia stata la causa di tutto ciò che si è verificato!

PAURA 

La paura è legittima ed è necessaria nella vita di ogni individuo, altrimenti ognuno di noi farebbe, senza alcun dubbio, tutto ciò che comporta pericolo; saremmo tutti piccoli bambini inconsapevoli! Come nel resto del mondo animale, la paura paradossalmente ci difende, ci salva! Ovviamente è necessario, come ogni cosa, che sia giustamente proporzionata, che non esca fuori dai limiti della cosiddetta “normalità”. Detto questo, chi non ha un certo timore del mistero, di ciò che è ignoto quindi della morte? E non solo, chi non ha paura del post-fine relazione e quindi di rimettersi in gioco? O ancora chi non teme per il proprio futuro (o per quello di un proprio caro) dopo la conferma di una patologia o di una recidiva? Come accennato prima, questo è un sentimento normale e legittimo soprattutto in alcune circostanze come possono esserlo la malattia, la morte, la fine di qualcosa o l'inizio di altro. Ma si deve imparare a dare ad essa un significato, una spiegazione e soprattutto dei margini che non deve oltrepassare.

SENSO DI IMPOTENZA

Ho voluto aggiungere il senso di impotenza perchè spesso compare nelle fasi luttuose. Si accompagna solitamente al sentimento di rabbia e al senso di colpa e fa sì che l'individuo viva questa sorta di frustrazione perchè non sa cosa può fare o non ne è in grado; vorrebbe fare qualcosa in più, ma non può o non trova il modo per poterlo fare. Questo avviene per mancanza di competenze specifiche mentre a volte, si hanno le competenze ma purtroppo non bastano e questo enfatizza il senso di impotenza (pensiamo ad un medico che nonostante la sua preparazione non riesce a salvare un figlio). Può succedere che tale “impotenza” derivi dal subire una determinata decisione, non si può far nulla in merito la si subisce e basta, a volte anche se ci si mobilita per fare il possibile l'esito può rimanere invariato o addirittura peggiorare, accrescendo così tale frustrazione .

SPERANZA/ASPETTATIVE

Anche in questo caso mi sembra utile aggiungere il sentimento di speranza e quindi la creazione di aspettative perchè anch'esse rientrano spesso nella fase di elaborazione soprattutto per quanto riguarda ciò che non concerne il decesso; in questo caso infatti può risultare un supporto positivo e favorire l'elaborazione, dopo la morte di un caro infatti si può sperare che quest'ultimo sia in un posto migliore (per chi è credente) o che comunque abbia smesso di soffrire (nel caso in cui fosse vittima di una malattia invalidante o comunque sofferta). In altri casi da elaborare, come la notizia di una patologia o comunque una condizione di salute incerta può avere una valenza negativa.

E' umanamente giusto sperare che la malattia scompaia, regredisca o che la condizione patologica migliori o almeno non peggiori, ben venga l'ottimismo! Del resto l'essere umano per sua natura rincorre il principio di piacere e questo include tutto ciò che fa bene alla propria psiche, che sia fittizio o meno, ma non il contrario. MA ATTENZIONE, perchè questo potrebbe diventare una lama a doppio taglio, e senza rendersi conto si può provocare la condizione opposta! Una relazione terminata può insinuare, nel soggetto che la subisce senza volerlo, un continua e prolungata (spesso contraddetta palesemente) credenza di riconciliazione futura impedendogli così di andare avanti con la propria vita ma soprattutto può impedirgli di comprendere le ragioni del distacco e le proprie responsabilità. Nutrire un eccessiva e distorta speranza in merito ad una patologia degenerativa quale ad es. la SLA di cui non ci sono attualmente informazioni scientifiche tali da poter avvalorare tale attesa oppure crearsi aspettative riguardo una sindrome autistica così variegata di sfaccettature... non aiuta, al contrario può peggiorare la situazione di chi matura queste convinzioni e di conseguenza del soggetto affetto da tale condizione. Queste prospettive possono rappresentare una fuga dalla realtà invece di affrontarla in modo opportuno ed obiettivo, è un nascondersi dietro un dito... è un negare il problema invece che accettarne l'esistenza e convivere al meglio con esso!

Non è forse meglio accogliere e vivere al meglio il presente, facendo ciò che è possibile per migliorare l'esistenza della persona sofferente e quindi anche la nostra, piuttosto che crearsi false aspettative? Del resto se si accetta il presente per ciò che è, quel che arriva successivamente sarà comunque accolto in modo meno traumatico. In sostanza, piuttosto che pensare come sarà fra qualche anno o cosa succederà, investiamo le nostre energie nel qui ed ora, su cosa possiamo fare di utile per noi stessi o per lui/ lei adesso. “ Cosa lo/la può aiutare?”, “Cosa può renderlo/la felice ora?” E dipendentemente o indipendentemente da ciò che facciamo il resto verrà da se' e verrà con il tempo .. intanto si vivrà la realtà del momento, in questo modo si eviteranno sensi di colpa,frustrazioni, delusioni. Questo non si traduce in rassegnazione, al contrario diventa uno stimolo in più per godersi ogni momento... quindi vita! (dovremmo farlo tutti in realtà!). Capisco che sia piuttosto difficile trovare questo equilibrio che permette di darci delle speranze e allo stesso tempo guardare il problema con obiettività, ma si può fare... basta lavorarci!

IL DOLORE

Ho lasciato per ultima questa emozione perchè, pur essendo quella più “scontata” è appunto quella che non manca mai, è quella che può invalidare maggiormente e oltretutto si accompagna alle altre fasi e può essere presente dall'inizio alla fine, in parte anche dopo l'elaborazione diversificandosi per intensità e per durata. Anche la sofferenza è una fase giustificata, ciò che la rende negativa e patologica è la sua inespressione! Provare dolore è umano ed è normale ma va riconosciuto, accettato ed espresso così come tutte le emozioni precedentemente descritte. Fare i “forti” , gli “impassibili” non solo è inutile ma piuttosto deleterio. Se non viene provato, accolto ed esternato può tradursi in disturbi psicosomatici; quando si tende a nascondere il proprio dolore, diventa così forte, così prorompente e a volte talmente invalidante da compromettere negativamente la vita dell'individuo sia psichicamente che organicamente con evidenti conseguenze (aumento pressione sanguigna, disturbi cardiaci, aumento cortisolo, etc.), uno stress incessante.

Bisogna concedersi il proprio modo e il proprio tempo per soffrire, il dolore non scomparirà mai del tutto ma può cambiare e diventare più sopportabile; questo non vuol dire dimenticare, una persona persa o un qualunque trauma subito, ma semplicemente si impara a tollerare tale condizione. Lo stesso vale per altre situazioni di assenza e perdita.

E' anche giusto ricordare che il dolore è nostro, solo nostro, egoisticamente parlando rimane una nostra perdita, siamo noi a viverlo in base a ciò che siamo, ciò che viviamo e a come lo viviamo.

ACCETTAZIONE E PACE

Rappresentano le fasi risolutive del lutto. Possono essere facilitate o meno a seconda della condizione che si deve affrontare (la morte di una persona a noi cara di una certa età sarà accettata con più facilità a maggior ragione se la stessa stava sopravvivendo con molte difficoltà, oltre a “farsene una ragione” si prova un certo “sollievo” per lei). Sovente.. sembra essere più complicato ma pur sempre possibile.